Gli emoji e la Proprietà Intellettuale
Giornata Mondiale degli emoji
In sei emoji abbiamo raccontato la fine di una storia e l’inizio di un nuovo amore.
Gli emoji sono il nuovo modo di comunicare i sentimenti, gli stati d’animo, i concetti. Piacciono a tutti, perché sono diretti, sinceri ed estremamente comunicativi.
Ma… È possibile utilizzarli e sfruttarli commercialmente in modo libero?
Un passo indietro…
Il primo set di emoji è stato creato nel 1997 dalla multinazionale giapponese SoftBank. Nel 2008 il CEO di SoftBank convinse Apple a inserire le emoji nell’iPhone fin dalla sua prima distribuzione. Gli emoji furono poi distribuiti a livello internazionale solo nella quinta versione di iOS, disponibile nel 2011.
Emoji Unicode e Emoji Proprietari
Gli emoji non sono tutti uguali.
Gli emoji definiti dal sistema di codifica Unicode sono standardizzati, dunque riconosciuti da tutti i sistemi operativi (Windows, MacOS, iOS…) e da tutte le piattaforme (WhatsApp, Instagram, Facebook, Hangout…). Tali emoji rimangono sostanzialmente invariati nel significato, ma assumono una forma grafico/visiva diversa a seconda della piattaforma di destinazione.
Gli Emoji proprietari funzionano invece solo su alcune piattaforme, ovvero quelle che li hanno creati. In poche parole, quando un emoji proprietario viene inviato a una piattaforma esterna, appare come un quadrato vuoto.
Gli emoji e il Diritto di Proprietà Intellettuale
Il Consorzio Unicode (l’Unicode Consortium è un consorzio internazionale di aziende interessate alla interoperabilità nel trattamento informatico dei testi in lingue diverse) non adotta Emoji protetti dai diritti della proprietà intellettuale.
Esistono tuttavia alcuni Emoji “di marca”.
Un esempio? I “Kimoji”: una collezione di emoji che appartiene all’imprenditrice, attrice e modella statunitense Kim Kardashian.
La questione degli emoji in campo giuridico è controversa.
Queste icone infatti non possiedono elementi di espressione sufficienti per costituire bene giuridico meritevole di protezione legale, ma hanno pur sempre alle spalle il lavoro di un progettista (graphic designer) e di un’impresa che punta sul loro utilizzo sul mercato.