La Plastica: un’invenzione italiana a diffusione globale

[space height= “20”]
La Plastica è forse l’invenzione italiana  più conosciuta e utilizzata al mondo. La dobbiamo a Giulio Natta e rappresenta il simbolo della nuova era industriale, del consumismo e della comodità quotidiana.

É difficile da immaginare una’esistenza senza plastica. Ogni giorno, in qualunque istante della nostra vita quotidiana utilizziamo e ci serviamo di oggetti e suppellettili del genere, anche inconsapevolmente. Dal nostro risveglio, in bagno, alla nostra colazione, alla nostra mobilità … basta guardarsi un po’ intorno per notare che se dovessimo eliminare la plastica dalle nostre vite ci ritroveremmo con ben poca roba.

La plastica con estrema certezza è l’invenzione che più ha rivoluzionato nonché condizionato l’essere umano. L’archetipo del consumo sfrenato (a volte), il vero simbolo della generazione post industriale. Tralasciando in questo momento gli effetti collaterali che nel nostro ambiente ha prodotto e la possibilità di convertire, oggi giorno, la sua composizione con materiali più ecologici attraverso l’uso di materia organica, sarebbe bene ricordare, per chi lo avesse dimenticato, che la plastica è un’invenzione italiana. La sua paternità è infatti attribuita a Giulio Natta.

Nasce a Porto Maurizio ora Imperia, il 26 febbraio 1903, a soli 21 consegue la laurea in ingegneria chimica tra Milano e Friburgo e l’anno dopo ottiene la cattedra presso il Politecnico di Milano, in chimica analitica prima e chimica generale e inorganica subito dopo (1938). Quando era ancora studente era stato attratto dagli studi del professore Hermann Staudinger (1881-1965) fondatore della chimica macromolecolare e iniziò a strutturare la sua azione di ricerca in modo da legare l‘evoluzione scientifica e le scoperte ad uno studio coerente con il futuro e le esigenze industriali (il cd “modello tedesco”).

Da quest’intuizione, negli anni della sua specializzazione e in quelli da docente, prosegue lo studio sui polimeri e sulla loro “struttura cristallina mediante tecniche reontgenografiche grazie anche al supporto del professore Giorgio Renato Levi (1895-1965).

L’industria italiana e la storia della chimica sono stati fortemente segnati dalla presenza e dagli sviluppi di Natta sul POLIPROPILENE (1954), l’innovativa materia plastica che da li a poco sarebbe stata utilizzata soprattutto nell’industria automobilistica e nella produzione di fibre sintetiche e resistenti. Dall’intuizione di Staudinger sulla proprietà cristallina degli alti polimeri Giorgio Natta fece molta strada e i suoi successi accademici furono ben ripagati dall’attenzione dimostrata nei suoi confronti dall’industria italiana, specificamente da parte della Montecatini di Pier Candiano Giustiniani

[nel 1954] tutto il laboratorio di Natta fu mobilitato con un impegno incessante, e finalmente si spedirono le prime richieste di brevetti. Nel dicembre 1954 Natta presentò i principali risultati all’Accademia dei Lincei, e mandò una breve lettera al «Journal of the American chemical society». La lettera fu pubblicata sul fascicolo del 20 marzo 1955. Il risultato eccezionale della stereoregolarità era opportunamente sottolineato, ed era coniato un nuovo termine, destinato a entrare a pieno titolo nel linguaggio scientifico: Proponiamo di designare come ‘catene isotattiche’ le catene polimeriche che hanno una struttura così eccezionalmente regolare, contenente serie di atomi di carbonio asimmetrici con la medesima configurazione sterica (G. Natta, P. Pino, P. Corradini et al., Crystalline high polymers of α-olefins, 1955, p. 1709).

In quegli anni il fervore scientifico anche sotto l’impulso della scoperte tra le due guerre e dei processi di conversione e riconversione industriale hanno registrato passi da gigante in un arco temporale davvero ristretto. C’è da aggiungere di fatti, che ciò che portò Natta al successo non fu solo la dedizione per la chimica e l’incontro con professori illustri ma anche le ricerche della “concorrenza”, se così vogliamo chiamarla. Nel 1954 infatti, il tedesco Karl Ziegler aveva sintetizzato un’analoga struttura, il polietilene (PE) e, fu per ragioni anche di disponibilità di adeguate strumentazioni (più d’avanguardia rispetto a quelle in dotazione agli istituti di ricerca italiani)che Natta direzionòil suo interesse verso la realizzazione del polipropilene (PP). Nel 1962 per i loro successi e per l’importante contributo allo sviluppo dell’industria tedesca, italiana ed europea, conseguirono congiuntamente il Premio Nobel per la Chimica per la realizzazione del polipropilene isotattico e del polietilene ad altra densità. 

La Montecatini (accorpata nel 1966 alla Edison) produsse e commercializzò la sua invenzione con il nome di Moplen e Meraklon. Chi non ricorda quegli spot in TV con Gino Bramieri?

[su_youtube url=”https://youtu.be/08CZy4Mjlac”]

Negli anni in cui ricoprì il ruolo di professore ordinario al Politecnico di Milano infatti ebbe la fortuna di venire in contatto e stringere relazioni con Giustiniani della Montecatini ed è grazie a questi che riesce ad ottenere i fondi e la strumentazione adeguata per sintetizzare la polimerizzazione del polipropilene. Muore a Bergamo il 2 maggio del 1979, da tempo gravemente malato di Parkinson dal 1959.

Senza la credibilità accademica e la sua mente brillante non avrebbe conseguito i risultati che oggi conosciamo, ma cosa molto più importante senza un finanziatore non avrebbe potuto dimostrare (e sviluppare) la portata reale di tali scoperte. La Montecatini ha svolto un ruolo cruciale confermando la linea di azione del ricercatore: l’esistenza imprescindibile di un solido legame tra ricerca scientifica e applicabilità industriale. Le azioni di ricerca e sviluppo, il sostegno da parte del settore pubblico e degli istituti di ricerca (anche privati) rappresentano quindi una fetta importante per l’evoluzione tecnica e scientifica per una Nazione e per tornare ad dimostrare a livello mondiale la nostra presenza servirebbe una chiara identificazione dei ruoli e delle responsabilità dei soggetti coinvolti in R&S, inventori, istituzioni, finanziatori e sviluppatori. Fare ricerca e fare impresa significano prima ancora del business, un obbligo nei confronti dell’umanità; l’innovazione è sì un’opportunità ma anche una responsabilità. 

[Crediti foto copertina]

Leave a Reply

Studio Rubino Srl
PI: 02316340799

Via Cola di Rienzo, 265
00193 ROMA (RM)
Tel: (+39) 0350075287
staff@studiorubino.com